Per rispondere a questa domanda, che mi è stata posta svariate volte dai Pazienti, mi avvalgo delle fonti bibliografiche, poiché tutt'altro che di facile spiegazione (come al solito non c'è in letteratura una risposta univoca) (Saraceni et al, 2020).
Come sempre iniziamo da qualche definizione: la stabilità spinale è definita come la capacità della colonna vertebrale di mantenere la propria struttura e relazione anatomica con il normale carico fisiologico.
Questa capacità sembra essere data principalmente da:
Sistema passivo che comprende i corpi vertebrali, i dischi intervertebrali, le articolazioni zigo-apofisarie, le capsule dell'articolazione zigo-apofisaria e i legamenti spinali
Sistema attivo composto dalla compagine muscolare
Sistema neurale, che fa interagire questi due sistemi
In una colonna vertebrale sana e funzionale, i tre sistemi sopracitati interagiscono quotidianamente e reciprocamente, permettendo così una gamma di movimento indolore. Durante uno stress del sistema passivo ad esempio, il sistema attivo entra in gioco grazie al complesso controllo neurale e previene un eccessivo sovraccarico del primo sistema (Studnicka and Ampat, 2021) (Alessa and Ning, 2017).
La gamma di movimento nella colonna vertebrale può suddividersi in una zona neutra (movimento attivo, consentito soprattutto dalla forza e dalla resistenza dei muscoli) e una zona elastica (movimento passivo). Nella zona neutra c'è un'ampia capacità di movimento, mentre nella zona elastica, aumenta la rigidità del sistema di rinforzo (soprattutto nelle estremità del movimento). A causa di questa differenza, la curva di spostamento del carico della colonna vertebrale non è lineare (Studnicka and Ampat, 2021) (Ning, 2017).
Detto ciò, si è visto come delle caratteristiche del sistema passivo (es. misurazioni della lordosi lombare, inclinazione pelvica o discrepanza nella lunghezza delle gambe) non sembrano essere importanti quanto la forza muscolare e la resistenza, che sono misure invece del sistema attivo (Studnicka and Ampat, 2021) (Alessa and Ning, 2017).
Inoltre, l'evidenza suggerisce che la debolezza dei muscoli può portare a instabilità segmentale e causare dolore alla schiena anche in assenza di difetti strutturali (Studnicka and Ampat, 2021).
Sistema muscolare coinvolto durante una flessione globale della colonna, il quale riesce a mantenere i singoli segmenti lombari non in piena flessione (permanenza nella zona neutra) (Studnicka and Ampat, 2021) (Alessa and Ning, 2017):
Muscoli addominali (co-attivazione tra muscolatura superficiale e profonda)
Muscoli paraspinali e glutei (i muscoli uni-segmentali più profondi, ossia i multifidi e i grandi muscoli multi-segmentali superficiali, ossia gli erettori spinali)
Diaframma toracico inferiore e pavimento pelvico (gestisce durante il movimento di flessione la pressione intra-addominale)
Muscoli dell'articolazione dell'anca
C'è però un distinguo da fare: i muscoli più grandi non hanno un'inserzione diretta al segmento spinale come i muscoli più profondi e quindi non sono in grado di stabilizzare i singoli segmenti. Oltre a ciò, il sistema neurale anticipa il carico della colonna vertebrale e attiva il trasverso dell'addome e il multifido PRIMA del carico (Studnicka and Ampat, 2021).
Si trova quindi qui un primo scoglio funzionale: quando c'è un ritardo nella contrazione del multifido, i muscoli superficiali e grandi si contraggono per compensare il ritardo nell'aumento della rigidità della colonna lombare. Sfortunatamente, l'attivazione dei grandi muscoli crea forze anormali attraverso i singoli segmenti, con conseguente dolore alla schiena. La rieducazione comporta la correzione di questa attivazione ritardata dei muscoli profondi (Studnicka and Ampat, 2021) (Alessa and Ning, 2017).
Oltre a quanto detto sopra, dobbiamo analizzare necessariamente le forze che la colonna deve gestire: le forze di taglio spinali che avvengono durante il movimento di flessione a livello dei diversi livelli segmentali sottostanno non solo alle linee di azione dei muscoli estensori, ma anche alle inclinazioni del disco intervertebrale (Alessa and Ning, 2017) (Arjmand and Shirazi-Adl, 2005).
Nonostante quanto riportato sopra, si è visto che però in quest'ottica con l'aumento dell'angolo di flessione lombare, i tessuti passivi lombari si allungano e quindi generano forze elastiche maggiori. Pertanto, è necessaria una minore contrazione muscolare per controbilanciare il momento esterno: il carico viene quindi spostato durante il movimento, dai tessuti lombari attivi a quelli passivi (Alessa and Ning, 2017) (Arjmand and Shirazi-Adl, 2005).
Chiaramente, lo sviluppo dello spostamento al tessuto passivo lombare è associato sia all'entità del carico che alla sua durata: nelle posture di flessione del tronco di fascia intermedia, cioè tra i 30° e i 60° di flessione del tronco, i tessuti passivi lombari subiscono infatti carichi molto inferiori rispetto a una postura completamente flessa, tuttavia, con prestazioni ripetitive e/o prolungate, vi è un incremento di questo spostamento (Ning, 2017) (Ning and Nussbaum, 2015) (Ning et al, 2012).
CONSIGLI:
Sia la forza muscolare che la resistenza diminuiscono nei Pazienti con lombalgia: mantieniti attivo e se necessiti di aiuto per un programma di esercizi, non esitare a contattare un Professionista
Mantenere la colonna vertebrale nella zona neutra è importante per prevenire lesioni
La maggior parte degli episodi di lombalgia sono reversibili: non aspettare troppo tempo prima di intervenire
Non c'è alcuna connessione utile con il riposo a letto: è essenziale rimanere attivi, infatti uno stile di vita sedentario indebolisce il sistema muscolare
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