Il perfezionamento della tecnica di artroscopia ha reso questa procedura chirurgica un intervento sicuro e a basso rischio di eventi avversi (Harris et al, 2013) (Willimon et al, 2013).
Tuttavia bisogna sottolineare che un buon esito dipende da diversi fattori (Staffa et al, 2014) (Vezeridis et al, 2010): (1) adeguata preparazione pre-operatoria, (2) corretta selezione del Paziente (ad esempio, viene sconsigliata in presenza di sinovite o accuratamente analizzata in presenza di diabete) e (3) accurate strategie di prevenzione.
L’artroscopia ha quindi mostrato negli ultimi decenni notevoli vantaggi terapeutici, come ad esempio (Bogunovic et al, 2013) (Willimon et al, 2013):
1. una minor invasività dell’intervento chirurgico
2. un inferiore tempo di recupero a livello artro-funzionale
3. una migliore e non indifferente visione diagnostica intra-operatoria
4. un miglior risultato post-operatorio
Tuttavia, tale metodica presenta alcuni rischi e complicanze, come d’altronde ogni operazione chirurgica (Staffa et al, 2014) (Vianello et al, 2013) (Willimon et al, 2013) (Vezeridis et al, 2010):
· intra-operatori: anestesiologici o chirurgici, come a livello neuro-vascolare o capsulo-tendineo
· post-operatori: infezioni, recidive del quadro clinico (in termini di patologia e di dolore), diminuzione della capacità di movimento articolare, a causa dell’eccessivo tensionamento della porzione capsulare, aderenze e/o fibrosi, o lesioni neurologiche
In letteratura quindi si consiglia di accompagnare il soggetto operato con una mobilizzazione passiva graduale personalizzata, dell’articolazione interessata da questo tipo di intervento chirurgico, al fine di (Bogunovic et al, 2013) (Willimon et al, 2013) (Vezeridis et al, 2010):
· gestire i sintomi del Paziente
· favorire la biomeccanica articolare
· accompagnare il processo infiammatorio
· minimizzare il rischio di formazione di aderenze
· migliorare la qualità dei tessuti
· guidare la riparazione tissutale